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Museo delle vittime del genocidio, Vilnius

8 fotografie di Giovanni Baldini

Due giorni dopo l'inizio dell'invasione dell'URSS la Lituania venne conquistata dall'esercito tedesco, era il 22 giugno 1941.
I sentimenti dei lituani verso i nazisti erano molteplici. Dopo secoli di scontri con i russi, sotto il cui dominio erano stati per vari periodi, la cacciata dei sovietici riscuoteva la simpatia di molti. Ma dopo tutto neppure questa era la situazione desiderata, ad un invasore se ne sostituiva un altro.
Nel settembre 1944 l'armata rossa rientra a Vilnius, è a quel punto che comincia la resistenza: difatti quando si parla di resistenza lituana si parla di partigiani che combattevano l'occupazione russa, non quella tedesca.

C'erano stati tentativi di far nascere organizzazioni clandestine contro i nazisti ma non si era mai sviluppato un movimento diffuso fra la popolazione, se resistenza c'è stata contro i tedeschi la si deve in gran parte ai partigiani sovietici.
C'è da aggiungere che il collaborazionismo con i nazisti assunse dimensioni preoccupanti quando si trattò di affrontare la questione degli ebrei. I sentimenti antisemiti erano precedenti all'arrivo dei tedeschi ma questo non avevo impedito una prospera comunità ebraica, all'epoca della prima guerra mondiale si contavano 240.000 ebrei in Lituania. Ai nostri giorni, dopo le persecuzioni naziste, la repressione sovietica e l'emigrazione verso Israele, in Lituania ci sono circa 5.000 ebrei e l'unica sinagoga rimasta a Vilnius ospita un asilo: un segno che neppure ora ci sono le condizioni per una rinascita.

Invece contro il nemico di sempre, la Russia, nacque una vera e propria resistenza armata che contava almeno 40.000 partigiani, i "fratelli della foresta", che costituirono le loro basi negli unici rifugi naturali della piatta Lituania, le foreste, appunto.
Durante l'occupazione tedesca i nazisti avevano creato delle unità lituane per il controllo del territorio, essenzialmente preparando la resistenza contro il ritorno dei russi. Queste unità però non furono mai allineate alle politiche delle SS, tant'è che vennero ritenute pericolose dagli stessi tedeschi e sciolte nel maggio del 1944 con la deportazione dei più alti ufficiali in campi di concentramento.

Gli obiettivi della resistenza lituana erano l'indipendenza nazionale e una democrazia di stampo occidentale.
Le posizioni politiche erano variegate e fra i "fratelli della foresta" militavano persone dalle origini e dalle motivazioni più disparate: tedeschi rimasti tagliati fuori dalla ritirata nazista, ex-partigiani sovietici ostili a Stalin, ebrei perseguitati, esponenti di minoranze etniche, nazionalisti baltici, borghesi anti-comunisti, contadini espropriati, intellettuali di stampo occidentale.

Inizialmente la reazione dell'occupante russo fece alcuni passi falsi, in maniera del tutto analoga a quello che fece Mussolini in Italia venne promulgato un reclutamento forzato di tutti i giovani, nella speranza di sottrarre uomini alla resistenza. Fu controproducente e andò ad ingrossare le fila dei partigiani, nonostante le rappresaglie ai danni dei familiari di chi non si presentava all'arruolamento.
Ma al contrario di quanto è avvenuto in altri luoghi durante la seconda guerra mondiale la forza militare dell'esercito occupante non era sotto la pressione diretta di minacce esterne, inoltre gli appoggi politici di cui la resistenza lituana godeva in Svezia, Inghilterra e Stati Uniti non potevano niente sugli equilibri internazionali decisi ad Yalta: vista a posteriori la lotta dei partigiani lituani non aveva molte speranze.

Fino al 1949 la resistenza lituana registrò successi e fu in grado di controllare ampie zone del territorio, analoghe alle nostre repubbliche partigiane, che furono in grado di rimandare il consolidamento dell'occupazione sovietica. Sul lungo periodo però le cose si fecero molto più ardue: l'armata rossa riuscì ad infiltrare le forze della resistenza e grazie ad un accurato lavoro di intelligence che incluse ingegnose operazioni di controspionaggio ai danni dei servizi dei paesi occidentali il contrasto alle attività partigiane dette i risultati attesi.

Fra il 1944 ed il 1953 circa 200.000 cittadini lituani passarono per le carceri del KGB, la sorte di molti venne poi decisa dal freddo siberiano o ancor prima per le torture nelle celle imbottite di quello che è adesso il Museo delle Vittime del Genocidio di Vilnius.

Il Museo del Genocidio rappresenta bene le contraddizioni con cui ancora oggi in Lituania si guarda a questo passato: le inumane efferatezze cui erano sottoposti i partigiani catturati vengono ricordate efficacemente, ma si cita solo di sfuggita che le stesse prigioni avevano visto altrettante crudeltà quando a gestirle era la Gestapo e niente si dice delle centinaia di migliaia di ebrei uccisi, deportati o costretti alla fuga.

Le fotografie dei sotterranei del museo sono state scattate nel marzo 2007.

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