I fratelli Vezzosi

di Alessandro Bargellini, 18-7-2007, Tutti i Diritti Riservati.

Questa storia si svolge nel comune di Scandicci (FI).

Monumenti che si riferiscono a questi fatti:
- Tomba dei fratelli Vezzosi - San Vincenzo a Torri, Scandicci (FI)

I monumenti segnati con l'asterisco si trovano sul luogo dell'accaduto

Il 17/7/1944 nei pressi della fattoria "I Lami" e vicino alla casa del mezzadro Crescioli in Via di Marciola, nel bosco sul versante della Pesa, due militari tedeschi sono fatti segno da colpi di arma da fuoco. Uno di questi resta ucciso mentre l'altro, soltanto ferito, riesce a raggiungere il proprio reparto e riferire l'accaduto.
Probabilmente si è trattato di qualcuno che datosi alla macchia ha avuto paura di essere scoperto, oppure di una vendetta per le continue angherie perpetrate dagli uomini della Wehrmacht.

Scatta quindi la consueta azione di rappresaglia, ma non è escluso che quest'azione derivi da un piano generale per assicurare tranquillità in un settore del fronte prossimo ad essere investito dall'offensiva Alleata.
Viene subito data alle fiamme la casa del Crescioli, posta vicino al luogo della morte del soldato tedesco e poi viene rastrellata la zona di San Vincenzo a Torri. Si vuol sapere chi sono e dove si trovano i partigiani.

In frazione San Niccolò un ragazzo è chiamato per nome; forse è conosciuto. Portato presso il vicino cimitero è percosso selvaggiamente. Pur non riuscendo ad estorcergli alcunché lo costringono ad indicare la casa di Carmelo Pandolfi, il cui nominativo è stato loro fornito da qualche fascista del luogo.
Quest'ultimo, che risiede alla Ginestra Fiorentina ed è un partigiano, è catturato e picchiato ancor più ferocemente; ma anche da lui i tedeschi non ottengono nessuna informazione.
Oltre ai due precedenti sembra che siano state prese anche altre persone, ma sono state tenute segregate a parte.

Sempre con il ragazzo appresso i tedeschi, appoggiati anche da autoblindo, si portano in Via Empolese sotto il cosiddetto Poggio Tondo.
Due soldati che parlano bene l'italiano, indossati abiti civili, con il giovane ostaggio entrano a San Vincenzo a Torri. Chiedono agli abitanti notizie sui partigiani dicendo che vogliono unirsi a loro. Non ottenendo niente danno fine alla loro recita ed impugnate le armi iniziano il rastrellamento del paese.

Quando giungono all'abitazione di Enrico Manetti, detto "Ghigo", questi nel vedere il ragazzo che conosce e gli altri rastrellati si allarma. Il giovane riesce a far capire che non ha parlato e così anche il Manetti tace alle domande dei tedeschi.
Il ragazzo ed il Pandolfi condotti in una zona del signese saranno sottoposti ad altri interrogatori e maltrattamenti, specie il secondo. Questi, insieme ad altri rastrellati, sarà deportato verso il Nord riuscendo poi a fuggire. Feritosi ad un piede e ricoverato in un ospedale, godrà della protezione di un medico fino alla Liberazione.

Sono circa le ore 15 quando i fratelli Vezzosi, Loris (nato a Scandicci l'11/2/1914, colono, coniugato) e Domizio (nato a Scandicci l'8/9/1905, colono, conigato), incuriositi dall'assembramento di persone e senza sospettare che i due borghesi sono in realtà dei nazisti, si avvicinano al gruppo e così vengono presi ed uniti agli altri.
In una testimonianza dell'ex partigiano Ugo Morchi questi ritiene i due fratelli Vezzosi appartenenti alla propria formazione, la III Brigata GL "Carlo Rosselli", operante nei Comuni di Scandicci, Lastra a Signa e Montespertoli. Comunque sia entrambi erano antifascisti, desiderosi di contribuire alla causa resistenziale.

I rastrellati, una quindicina circa, sono condotti alla casa del mezzadro Bartolozzi in Via di Marciola, località denominata "Sassoli"; tra questi anche il Manetti e Antonio Saturni. Sono tutti trattenuti in una stanza posta al piano terreno, sorvegliati da uno dei due tedeschi. L'altro è al piano soprastante per preparare gli interrogatori.
Viene chiamato il Saturni e dopo poco viene udito uno sparo. Subito dopo è chiamato Loris Vezzosi a raggiungere il piano di sopra. Qui vede il Saturni steso a terra. Non sa che è stato costretto a fingersi morto per indurre gli altri a parlare.
Il tedesco quindi, brandendo la pistola, lo minaccia di fargli fare la stessa fine se non parlerà.

Il Vezzosi, un giovane alto e robusto, dopo aver valutato l'occasione propizia gli balza addosso disarmandolo.
Sentendo le richieste di aiuto del proprio camerata, l'altro soldato sale le scale seguito da Domizio Vezzosi, che invece accorre in soccorso del fratello.
Di tale confusione ne approfittano gli altri rastrellati per darsi alla fuga.
Nella colluttazione che ne è seguita i due fratelli restano feriti: Loris ad una gamba e Domizio ad una spalla. Anche loro approfittano del fatto che i due germanici siano andati al Poggio Tondo in cerca di rinforzi per raggiungere la propria abitazione. La ferita di Domizio non gli permette di continuare oltre ed allora il fratello lo nasconde in un fosso promettendogli di mandare quanto prima qualcuno a soccorrerlo e portarlo via.
Dalla denuncia fatta dalla vedova di Domizio Vezzosi ai Carabinieri Reali risulterebbe invece che questi era stato ferito da un colpo di pistola alla gola e abbandonato dai tedeschi perché ritenuto morto.

Raggiunta la località Casone, dove vi è sfollato con la moglie Francesca Pacini, Loris si toglie gli abiti sporchi di sangue e si fa medicare alla meglio la ferita. Cercato attivamente dai tedeschi viene invitato a nascondersi nei boschi per non farsi prendere, mentre il padre e la cognata Ida Verdiani con un carretto a mano vanno a prendere Domizio nel luogo dove è stato lasciato.

Intorno alle ore 19:30 le pattuglie germaniche che sono alla ricerca dei fuggitivi si ritrovano proprio davanti al carretto che, sulla via del ritorno, trasporta il giovane ferito. Questi è immediatamente freddato con un colpo di pistola alla testa da uno dei due tedeschi in borghese che lo ha riconosciuto, fra la disperazione del padre e della moglie, in località Madonnina del Casone.
A Villa Lazzeri (oggi Villa Ledanice) era stanziato un Comando germanico inquadrato nella XIV Armata del generale Joachim Lemelsen responsabile di questo settore del fronte. Vi si trovavano i "poliziotti" del Feldgendarmerie-Abteilung 541. Non le SS come ricordato da vari testimoni dell'avvenimento e per questo ritenute responsabili.

Intanto un'altra squadra di militari ha scorto col binocolo Loris mentre si sta accingendo ad attraversare la strada che porta al bosco.
Riescono a sorprenderlo e lo conducono alla casa del mezzadro Ghiribelli, in Via di Marciola. Incendiano anche questa abitazione, mettono una corda al collo al Vezzosi e lo trascinano nuovamente alla casa del Bartolozzi. Sotto il portico lo impiccano e danno fuoco ad alcune masserizie. Sono le 20 del 17/7/1944. I tedeschi continuano poi a rastrellare le colline circostanti.

Quando gli assassini se ne sono andati alcune persone staccano dalla trave il cadavere e spengono le fiamme. Poi trasportano il corpo, coperto da un lenzuolo, al cimitero.
Amara sorpresa coglie il padre e la moglie di Domizio quando anch'essi raggiungono il cimitero con il loro pietoso carico. Vedono il cadavere e l'anziano Vezzosi esclama che ne hanno ucciso un altro. Alza il lenzuolo e vede che si tratta dell'altro suo figlio.

A San Vincenzo a Torri sarà dedicata loro una piazza.

Bibliografia

Scandicci e la sua gente
(Febbraio 1921 - Giugno 1946)
di Renato Castaldi
Edizioni Polistampa Firenze, 1993
Le stragi nazifasciste in Toscana
a cura di R. Absalom, P. Carucci, A. Franceschini, J. Lambertz, F. Nudi, S. Slaviero
Carocci, 2004
Preti fiorentini: Giorni di guerra 1940-1945
Lettere al vescovo
a cura di G. Villani
LEF, 1992
San Michele, la battaglia dimenticata
di Claudio Biscarini
Centrolibro, 2006
ISBN 8886794134

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